mercoledì 1 ottobre 2014

La diffamazione tramite internet è diffamazione aggravata

La diffamazione commessa tramite internet integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3, c.p. in quanto commessa con "altro mezzo di pubblicità" rispetto alla stampa.
Se è vero che la diffamazione tramite internet è riconducibile all'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi del comma 3 dell'art. 595 c.p., commessa con altro (rispetto alla stampa) mezzo di pubblicità -apparendo, anzi, per la sua peculiarità quasi un tertium genus tra la stampa e, per l'appunto, gli altri mezzi di pubblicità- è pur vero che internet costituisce un mezzo di diffusione di notizie ed idee (al pari, se non di più, di stampa, radio e televisione), di modo che il diritto di esprimere le proprie opinioni, riconosciuto a "tutti" dall'art. 21 Cost., da cui discendono i diritti di informazione e critica, può e deve essere esercitato -quale che ne sia, tra quelli indicati, il mezzo di diffusione- nell'ottica del necessario bilanciamento con l'altro diritto primario all'onore ed alla reputazione e, quindi, nei limiti tradizionalmente tracciati dalla giurisprudenza con specifico riguardo alla critica, della verità obiettiva (per quanto con ciò sia accertabile), della continenza e della pertinenza.
Inoltre, il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione del diritto alla reputazione, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento, fermo restando che la prova di tale danno può essere data con il ricorso al notorio e tramite presunzioni, assumendo, a tal fine, come idonei parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della persona colpita, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale.
Tali principi, già espressi dal giudice di legittimità, sono stati nuovamente affermati in una recente pronuncia. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale aveva confermato la decisione di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali pronunciata in primo grado a carico di persone fisiche e giuridiche ritenute responsabili di fatti di carattere diffamatorio commessi mediante pubblicazione su alcuni siti internet di informazioni, in forma di comunicati stampa, lesive e false dell'onore e della reputazione di un dirigente di un ente pubblico.
Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2014, n. 18174

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