venerdì 3 ottobre 2014

Legittimo l'accertamento fondato sul consumo unitario dei tovaglioli utilizzati al ristorante

In tema di accertamento presuntivo del reddito di impresa, a norma dell'art. 39 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è legittimo l'accertamento che ricostruisca i ricavi di un'impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati.
L'accertamento con metodo analitico-induttivo, con il quale l'Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600 del 1973, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata, sicché essa possa essere considerata, nel suo complesso, inattendibile.
Il principio, già enunciato dal giudice di legittimità, è stato espressamente riaffermato in una recente pronuncia. Nel caso di specie, rigettando il ricorso dei contribuenti, la Suprema Corte ha ritenuto non censurabile la sentenza impugnata con la quale il giudice tributario aveva ritenuto corretto l'accertamento induttivo effettuato dall'ufficio finanziario a carico di una società di persone esercente l'attività di ristorazione e relativo a ben quindici avvisi di accertamento emessi ai fini delle imposte dirette ed indirette volti al recupero a tassazione di maggiori redditi di impresa e di partecipazione non dichiarati e fondati sul numero dei pasti -desumibile dal consumo dei tovaglioli di carta, ridotto di una percentuale di errore (cd. sfrido), e di stoffa adoperati- maggiore di quelli risultanti dalle fatture e ricevute fiscali emesse negli anni oggetto di contestazione.
In tema di accertamento presuntivo del reddito d'impresa ai sensi del citato art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600 del 1973, osserva ancora la Corte, in conformità ad un indirizzo costante, è legittimo l'accertamento che ricostruisca i ricavi di un'impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati -risultante, per quelli di carta, dalle fatture o ricevute di acquisto e per quelli di stoffa, dalle ricevute della lavanderia- costituendo dato assolutamente normale quello secondo cui, per ciascun pasto, ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare ragionevolmente e verosimilmente presumere il numero dei pasti effettivamente consumati. Tuttavia, conclude la Cassazione, è evidente che si deve, del pari ragionevolmente, sottrarre dal totale una certa percentuale di tovaglioli normalmente utilizzati per altri scopi, quali i pasti dei soci e dei dipendenti, l'uso da parte dei camerieri, le evenienze più varie per le quali ciascun cliente può essere indotto ad utilizzare più tovaglioli (cd. sfrido).
Cass. Civ., Sez. V, 24 settembre 2014, n. 20060

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