giovedì 2 ottobre 2014

Sinistro causato da veicolo non identificato. Il danneggiato deve anche provare che l'identificazione dell'altro conducente era impossibile

Nell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, incombe sul danneggiato, che promuova richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del Fondo di garanzia, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. a), L. 24 novembre 1969, n. 990, applicabile ratione temporis, l'onere di provare, oltre che il sinistro si è verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante, anche che il conducente sia rimasto sconosciuto.
Il principio, già espresso dal giudice di legittimità, è stato recentemente ribadito.
Nel caso di specie, il danneggiato aveva convenuto in giudizio una compagnia assicurativa, quale impresa designata dal Fondo di garanzia vittime della strada, chiedendo i danni conseguenti ad un incidente stradale nel quale era stato coinvolto ad opera di un motociclo rimasto non identificato, mentre percorreva una strada urbana con la bicicletta. In entrambi i gradi di giudizio la domanda era stata rigettata.
Al fine di rispettare la ratio della norma -che è quella di risarcire il danneggiato, ma anche di evitare possibili frodi al Fondo- precisa la Corte regolatrice, si è richiesta la prova, non solo che il sinistro vi sia effettivamente stato ad opera di veicolo sconosciuto, ma anche che la non identificazione dello stesso sia dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato. In tale contesto, precisa la pronuncia, è da escludere ogni automatismo derivante dalla presenza-assenza della denuncia/querela e nel non imporre al danneggiato l'onere di ulteriori indagini articolate o complesse, non essendo richiesto alla vittima di mantenere un comportamento di non comune diligenza, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche ed alle circostanze del caso concreto.
Quindi, conclude la Cassazione, rilievo è attribuito al principio del libero convincimento del giudice, per cui questi deve valutare globalmente le risultanze processuali, secondo il suo prudente apprezzamento, dando conto degli elementi sui quali abbia inteso fondarlo.
Cass. Civ., Sez. III, 29 maggio 2014, n. 12060

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