mercoledì 27 gennaio 2016

Danno da vacanza rovinata configurazione prova e liquidazione.

L'argomento in questione sta trovando sempre maggiore spazio nelle aule dei Tribunali, sono, infatti, in costante aumento coloro che si rivolgono ai giudici dopo una vacanza; in questo post si riportano alcune decisioni recenti che ben inquadrano la materia.
Il Tribunale di Napoli (Tribunale Napoli, Sez. XII, 18/02/2013, n. 2195; nella specie, a fronte di un costo del pacchetto turistico pari ad € 1.950,00 è stato riconosciuto in via equitativa un danno di € 1.300,00), chiamato a pronunciarsi su di una fattispecie in cui il consumatore aveva usufruito di una sistemazione di livello inferiore rispetto a quella pattuita, ha affermato che "Il contratto di viaggio tutto compreso (pacchetto turistico o package) è diretto a realizzare l'interesse del turista-consumatore al compimento di un viaggio con finalità turistica o a scopo di piacere, sicché tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione dello scopo vacanziero sono essenziali. In particolare, pertanto, la circostanza che il turista-consumatore venga alloggiato, per una parte del periodo di soggiorno in una struttura alberghiera di livello qualitativo inferiore rispetto a quella prenotata all'atto dell'acquisto diminuisce in misura apprezzabile l'utilità che può trarsi dal soggiorno nella località turistica, dando luogo alla fattispecie della vacanza rovinata”. 
Con riferimento, poi, alla prova, il danno in conseguenza dell'inadempimento risulta in re ipsa come riconosciuto dal il Tribunale di Milano (Tribunale Milano, Sez. XI, 15/05/2014, n. 5036; conforme Tribunale Arezzo 30/01/2014 n. 110), secondo il quale "in tema di danno non patrimoniale 'da vacanza rovinata', inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della 'finalità turistica' (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero"
Tale decisione, invero, è conforme a quanto già indicato in precedenza dalla Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. III, 11/05/2012, n. 7256), laddove ha sostenuto che “la prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero”.
In ordine, altresì, alla commisurazione del pregiudizio sofferto, "la liquidazione equitativa dei danni, ai sensi dell'art. 1226 c.c., è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile, ma anche qualora la stessa si presenti particolarmente difficoltosa in relazione alla peculiarità del caso concreto” (Tribunale Como, Sez. I, 18/07/2014, n. 1304).
Con l'introduzione del Codice del Turismo l'unicità e l'irripetibilità di ogni singola occasione di viaggio divengono esigenze meritevoli di tutela ed allora ben si comprende la posizione assunta dal Tribunale di Reggio Emilia (Tribunale Reggio Emilia, 23/02/2013, n. 279), impegnato a dirimere una controversia conseguente a problematiche sorte, come nella fattispecie, nel corso di un viaggio di nozze, laddove ha ritenuto che “è risarcibile, in virtù del combinato disposto dagli art. 2059 c.c. e art. 32 Cost., il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, integrato dal pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, tanto più grave ove si tratti di viaggio di nozze e come tale di occasione irripetibile; ed il turista-consumatore ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da parte dell’organizzatore o del venditore, anche se la responsabilità sia ascrivibile ad altri prestatori di servizi”.
In linea generale, si può dunque affermare che, nel caso in cui uno dei servizi che contrattualmente il tour operator si era impegnato a prestare manchi in tutto o in parte ovvero venga eseguito con modalità diverse rispetto a quanto previsto nell’offerta e/o nel contratto, l’organizzatore è tenuto a risponderne. 
Allo stesso modo, atteso che la Cassazione nella sentenza n. 1033 del 17/01/2013 ha addirittura ravvisato sussistere il danno da vacanza rovinata anche nel caso in cui le foto contenute nel depliant non siano conformi alla realtà, l'inadempimento e/o inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto di contratto sono ravvisabili ogniqualvolta la vacanza non corrisponda alle aspettative del turista, ingenerate non solo dai depliant pubblicitari e dagli opuscoli informativi, ma anche dallo stesso contratto. 

lunedì 11 gennaio 2016

Sinistro stradale superamento presunzione concorso di colpa e risarcimento in forma specifica.

La Terza Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che il conducente coinvolto in un sinistro stradale, per potersi liberare dalla presunzione di concorso di colpa, è tenuto a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
I Giudici di legittimità hanno fissato il principio secondo il quale, anche laddove dal materiale probatorio acquisito al processo emerga la condotta colposa di uno solo dei conducenti, affinché possa attribuirsi ad esso la responsabilità esclusiva dell'evento gli altri soggetti coinvolti nell'incidente rimangono comunque tenuti a provare di "aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, ed in particolare di aver tenuto una velocità moderata".
Sempre nella decisione in esame i Giudici di Piazza Cavour hanno, altresì, precisato che la domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale deve considerarsi come risarcimento in forma specifica; pertanto, ai sensi dell'art. 2058 c.c., rientra nelle facoltà del Giudice quella di non accogliere la domanda così formulata e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.


Cass. Civ., Sez. III, 08/01/2016 n. 124