martedì 30 settembre 2014

Intervento chirurgico: consenso informato obbligatorio anche se il rischio di morte è nullo

La c.d. informazione esatta sulle condizioni e sui rischi prevedibili di un intervento chirurgico è dovuta anche in presenza di una percentuale statistica di mortalità pari all'uno per cento, in quanto la valutazione del rischio appartiene al titolare del diritto esposto, e cioè al paziente, costituendo una operazione di bilanciamento che non può essere annullata in favore della parte che interviene sia pure con intenti salvifici.
Il fondamento del consenso informato viene ad essere configurato come elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario.
In questi, gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che l'inadempimento del debitore della prestazione di garanzia è idoneo a ledere diritti inviolabili della persona cagionando anche pregiudizi non patrimoniali. Pertanto, la c.d. informazione esatta sulle condizioni e sui rischi prevedibili di un intervento chirurgico o su un trattamento sanitario per accertamenti in prevenzione o in preparazione, se costituisce di per sé un obbligo o un dovere che attiene alla buona fede nella formazione del contratto ed è elemento indispensabile per la validità del consenso che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, è inoltre un elemento costitutivo della protezione del paziente con rilievo costituzionale, per gli artt. 2, 3, 13, 32 Cost., assieme ad altre norme di diritto positivo, che nel corso del tempo abbiano ad aumentare le garanzie a favore dei consumatori del bene della salute.
Tali principi sono stati ribaditi dalla Suprema Corte che, a seguito del decesso di un paziente occorso sul letto operatorio per improvvisa e mortale ipertensione, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte distrettuale, in parziale accoglimento dell'appello proposto dall'erede avverso la decisione di prime cure, si era limitata a condannare il medico e la casa di cura al risarcimento del danno per la malattia chirurgica nella misura di cinquemila euro, compensando le spese di lite.
Secondo la Cassazione, applicando i principi di garanzia al caso concreto ed in tema di adempimento o esatto adempimento ad una completa ed adeguata informazione, la erronea applicazione della corte distrettuale in tema di principi del consenso informato è stata duplice: da un lato, presuppone che il consenso informato non debba investire anche i rischi dell'intervento sanitario allorché essi non siano letali, pur avendo un alto livello di probabilità statistica, e dall'altro, ritiene non dovuta l'informazione in presenza di una percentuale statistica di mortalità dell'uno per cento, perché fenomeno prossimo al fortuito, mentre la valutazione del rischio appartiene al titolare del diritto esposto, e cioè al paziente e costituisce una operazione di bilanciamento che non può essere annullata in favore della parte che interviene sia pure con intenti salvifici. Sussiste, quindi, conclude la Corte, la prova evidente dell'inadempimento in relazione alla mancata completa informazione sul rischio inerente al primo intervento, con l'effetto che su tale punto resta fermo l'an debeatur, mentre per il quantum dovranno essere riesaminate le pretese risarcitorie dell'erede che agisce in proprio o in tale veste, come si dovrà desumere dall'atto introduttivo.
Cass. Civ., Sez. III, 19 settembre 2014, n. 19731

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