La sentenza del Tribunale di Roma n. 8285/2023 offre un interessante spunto di riflessione sui delicati equilibri che governano i contratti preliminari di compravendita immobiliare, con particolare riferimento alla disciplina della caparra confirmatoria e agli obblighi di correttezza e buona fede che caratterizzano il rapporto tra le parti. Il caso in esame evidenzia come l'omessa comunicazione di vincoli reali gravanti sull'immobile possa configurare un inadempimento di gravità tale da legittimare il recesso del promissario acquirente con diritto alla restituzione del doppio della caparra.
La disciplina della caparra confirmatoria trova la sua fonte primaria nell'art. 1385 del codice civile, che stabilisce un meccanismo di tutela bilaterale per i contraenti. Secondo tale disposizione, in caso di inadempimento della parte che ha ricevuto la caparra, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della somma versata, realizzando così una forma di liquidazione convenzionale del danno che esonera il creditore dall'onere di provarne l'entità. Il fondamento di tale tutela risiede negli obblighi generali di correttezza e buona fede che permeano l'intero rapporto contrattuale, codificati negli artt. 1175 e 1375 del codice civile. Tali principi assumono particolare rilevanza nella fase delle trattative e nell'esecuzione del contratto preliminare, imponendo alle parti un dovere di lealtà e trasparenza che si estende alla comunicazione di tutte le circostanze rilevanti per la valutazione dell'affare.
La fattispecie esaminata dal Tribunale di Roma presenta un profilo di particolare interesse sotto il profilo dell'inadempimento contrattuale. I promittenti venditori avevano omesso di comunicare al promissario acquirente l'esistenza di un'ipoteca legale gravante sull'immobile, circostanza che emergeva chiaramente dalla documentazione allegata al modulo di proposta d'acquisto, dove nella sezione relativa alle "iscrizioni/trascrizioni pregiudizievoli" non veniva indicata alcuna formalità. Il Tribunale ha correttamente inquadrato tale comportamento come violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'esistenza di vincoli reali non dichiarati dal promittente venditore e non conosciuti dal promissario compratore legittima quest'ultimo all'attivazione dei rimedi a tutela della propria posizione. In particolare, la Corte di Cassazione ha chiarito che l'art. 1482 del codice civile, pur riferendosi al contratto definitivo di vendita, trova applicazione analogica anche al contratto preliminare, conferendo al promissario acquirente la facoltà alternativa di ottenere la liberazione dei pesi gravanti sul bene o di agire per la risoluzione del contratto. Pertanto quando il promittente venditore dichiara espressamente che l'immobile viene venduto libero da pesi, oneri, vincoli, ipoteche, privilegi anche fiscali, trascrizioni di pregiudizio, diritti di prelazione e imposte arretrate, ma successivamente risulta che il bene è gravato da iscrizioni ipotecarie non dichiarate, si configura un inadempimento contrattuale di non scarsa importanza che legittima il promissario acquirente ad esercitare il diritto di recesso.
Un aspetto centrale della decisione riguarda la valutazione della gravità dell'inadempimento, elemento essenziale per l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1385 c.c. Il Tribunale ha chiarito che non è sufficiente il semplice ritardo o l'inadempimento di scarsa importanza, dovendo sussistere un inadempimento che legittimi la domanda di risoluzione sia sotto il profilo dell'imputabilità che della gravità. Nel caso di specie, la gravità dell'inadempimento è stata ravvisata non solo nell'omessa comunicazione dell'ipoteca, ma anche nella circostanza che, nonostante le rassicurazioni fornite dai notai incaricati circa la possibilità di risolvere la questione, l'ipoteca risultava ancora iscritta sui registri immobiliari a distanza di circa cinque mesi dalla stipulazione di un successivo atto di compravendita con altro acquirente. In buona sostanza costituisce inadempimento di non scarsa importanza la mancata comunicazione da parte del promittente venditore dell'esistenza di iscrizioni pregiudizievoli gravanti sull'immobile, quali ipoteca giudiziale e sequestro conservativo, anche quando tali formalità risultino apposte da tempo sui registri immobiliari, sottolineando come il canone di correttezza imponga la comunicazione di tali obiettive risultanze indipendentemente dall'esistenza di ragionevoli probabilità di pervenire alla loro cancellazione.
Un ulteriore profilo di interesse della sentenza riguarda il trattamento delle irregolarità urbanistiche dell'immobile, le quali assumono rilevanza diversa a seconda del grado di conoscenza delle parti e dell'incidenza sull'interesse contrattuale. Una recente sentenza della giurisprudenza di merito (Tribunale Castrovillari sentenza n. 578 del 01 aprile 2025) ha stabilito che integra inadempimento di non scarsa importanza, idoneo a legittimare il recesso ex articolo 1385 del codice civile, la condotta del promittente venditore che, pur avendo garantito contrattualmente la piena e libera proprietà dell'immobile e la sua libertà da qualsiasi peso o vincolo, nonché l'obbligo di consegnare al notaio ogni tipo di documento richiesto per la stipula, omette di sanare le irregolarità urbanistiche preesistenti e sottaciute ai promissari acquirenti.
infine, la sentenza affronta anche la questione del certificato di agibilità, chiarendo che tale documento è necessario non solo per le unità abitative ma anche per le autorimesse che abbiano subito rilevanti ristrutturazioni dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico in materia edilizia). Questa precisazione assume particolare rilevanza nella prassi contrattuale, dove spesso si sottovaluta l'importanza di tale certificazione per immobili diversi dalle abitazioni. La giurisprudenza ha tuttavia chiarito che la mancanza del certificato di agibilità non costituisce automaticamente inadempimento grave quando siano presenti in concreto i requisiti richiesti dalla legge e non sussistano ostacoli al rilascio. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 294/2025, ha precisato che "la mancanza del certificato di agibilità dell'immobile promesso in vendita non costituisce inadempimento grave quando siano presenti in concreto i requisiti richiesti dalla legge per l'agibilità e non sussistano ostacoli al rilascio del certificato, atteso che tale deficienza attiene ad un aspetto meramente formale".
Sentenza Tribunale Roma n. 8285/2023