lunedì 12 ottobre 2015

Danno da vacanza rovinata.

Il danno da vacanza rovinata deve essere ravvisato nel disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione di un periodo di vacanze programmato; il pregiudizio consiste nella lesione del benessere psichico e materiale che il turista soffre per non aver potuto godere, in tutto o in parte, di un sereno periodo di vacanza perché rovinato da imprevisti, difficoltà e ritardi.
La Cassazione è intervenuta sull'argomento già da alcuni anni,  ritenendo sufficiente la prova fornita dai turisti circa l’inadempimento dell’operatore turistico e, nel contempo, ha riconosciuto la possibilità di risarcire, ove raggiunta la suddetta prova sia il danno patrimoniale che quello morale.
Nella sentenza n. 5189/2010 la Suprema Corte, intervenendo in un ipotesi di inadempimento e/o inesatta esecuzione del cosiddetto "pacchetto turistico", ha affermato che il pregiudizio consegue alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, danno risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c. c. poiché la risarcibilità di tale danno è prevista dalla legge (Codice del Turismo) , oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
Nella successiva sentenza n. 7256 dell'11/05/2012, i Giudici della III Sezione, hanno fissato il principio secondo il quale la prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero.
Sulla base delle decisioni richiamate, si può, in conclusione, affermare che il nostro ordinamento, anche dietro la spinta comunitaria, ha recepito e riconosciuto il danno da vacanza rovinata, il cui risarcimento deve assicurare al turista una utilità sostitutiva rispetto a quella che avrebbe ricevuto nel caso in cui ci fosse stato un esatto adempimento dall'altra parte e che compensi le sofferenze morali e psichiche ricevute.

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