venerdì 19 settembre 2025

Denuncia dei vizi dell'appalto e opposizione a decreto ingiuntivo.

La pronuncia del Tribunale Civile di Roma in esame offre l'occasione per un approfondimento sistematico sulla disciplina della denuncia dei vizi dell'opera nel contratto d'appalto, istituto di fondamentale importanza nella prassi negoziale che continua a generare significative controversie interpretative e applicative.

 La garanzia per difformità e vizi dell'opera trova la sua disciplina principale nell'articolo 1667 del codice civile, norma che stabilisce un regime speciale di responsabilità dell'appaltatore caratterizzato da termini particolarmente rigorosi. La disposizione prevede che l'appaltatore sia tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, salvo che il committente abbia accettato l'opera conoscendo i vizi o quando questi fossero riconoscibili, purché non siano stati dolosamente occultati dall'appaltatore. Il secondo comma della norma introduce l'elemento più critico dell'intera disciplina: l'obbligo per il committente di denunciare le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza. Tale denuncia non è necessaria soltanto quando l'appaltatore abbia riconosciuto le difformità o i vizi ovvero li abbia occultati. Il terzo comma completa il quadro stabilendo che l'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera, precisando tuttavia che il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.

La sentenza in esame presenta un caso paradigmatico dell'applicazione rigorosa della disciplina sulla denuncia dei vizi. Il Tribunale di Roma si è trovato a decidere un'opposizione a decreto ingiuntivo in cui l'opponente lamentava vizi delle opere di falegnameria eseguite dalla società convenuta, eccependo inoltre responsabilità di un terzo soggetto per le opere murarie.

Il giudice ha preliminarmente chiarito la natura giuridica dell'opposizione ex articolo 645 del codice di procedura civile, richiamando il consolidato orientamento delle Sezioni Unite secondo cui tale procedimento non introduce un giudizio autonomo ma costituisce una fase del giudizio già pendente a seguito del ricorso per decreto ingiuntivo. Questa precisazione risulta fondamentale per comprendere la distribuzione dell'onere probatorio: il creditore-opposto mantiene la posizione sostanziale di attore e deve provare tutti i fatti costitutivi del diritto vantato, mentre il debitore-opponente deve dimostrare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito.

Il cuore della decisione risiede nell'analisi dell'eccezione di decadenza formulata dalla convenuta. Il Tribunale ha rigorosamente applicato i principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'onere della prova circa la tempestiva effettuazione della denuncia ricade interamente sul committente. Nel caso romano, l'analisi delle comunicazioni prodotte dall'opponente ha rivelato l'inadeguatezza delle stesse ai fini del superamento dell'eccezione di decadenza. Le email del 26 aprile 2019 non provenivano dall'opponente né erano indirizzate alla convenuta; analogamente, la comunicazione del 22 maggio 2019 risultava inviata da un soggetto terzo. La mail del 26 aprile 2019, pur essendo indirizzata per conoscenza alla convenuta, era stata trasmessa dopo aver ricevuto la messa in mora e non conteneva alcuna denuncia specifica dei vizi, limitandosi a formulare richieste risarcitorie.

La giurisprudenza ha progressivamente delineato i requisiti che deve possedere una denuncia per essere considerata efficace ai fini dell'articolo 1667 del codice civile, essa deve essere sufficientemente specifica e circostanziata, non potendo considerarsi idonea una contestazione meramente generica. Il Tribunale di Roma ha richiamato espressamente il principio secondo cui, sebbene la denuncia sia un atto a forma libera, non è ammissibile una contestazione dell'opera del tutto generica, essendo invece necessario specificare di quali vizi si tratti. Questa esigenza di specificità risponde alla ratio della norma, che mira a consentire all'appaltatore di valutare tempestivamente la fondatezza delle contestazioni e di adottare le opportune misure correttive. L'articolo 1667 del codice civile prevede due ipotesi in cui la denuncia non è necessaria: quando l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi e quando li ha occultati.

La decadenza dalla garanzia per vizi comporta conseguenze particolarmente severe per il committente. Come chiarito dal Tribunale di Roma nella sentenza in esame, la decadenza rende superfluo l'esame delle ulteriori questioni relative all'esistenza e alla gravità dei vizi, comportando automaticamente il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo.

La sentenza del Tribunale di Roma n. 15647/2023 conferma l'orientamento rigoroso della giurisprudenza nell'applicazione della disciplina sulla denuncia dei vizi dell'opera. L'istituto, pur rappresentando una tutela fondamentale per il committente, è caratterizzato da termini particolarmente severi che richiedono la massima attenzione nella prassi contrattuale. La ratio della norma risiede nell'esigenza di contemperare la tutela del committente con l'interesse dell'appaltatore a un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni. Tuttavia, l'applicazione rigorosa dei termini di decadenza può comportare conseguenze particolarmente severe per il committente che non osservi scrupolosamente gli adempimenti previsti dalla legge.



Nessun commento:

Posta un commento