venerdì 12 settembre 2025

Usufrutto generale e quota di riserva, natura di legato o di erede.

 La complessa interazione tra il lascito testamentario avente ad oggetto l'usufrutto generale e la tutela della quota di riserva spettante ai legittimari, in questo caso il coniuge superstite, rappresenta una questione delicata poiché il sistema successorio italiano si fonda sull'equilibrio tra la libertà testamentaria e la tutela dei legittimari; l'analisi delle sentenze in esame offre l'opportunità di approfondire le questioni interpretative che emergono quando le disposizioni testamentarie si confrontano con i diritti inderogabili dei legittimari.

Il caso sottoposto all'esame dei Giudici romani presenta una disposizione testamentaria di una certa complessità, posto che il testatore aveva disposto l'attribuzione dell'usufruttuario generale sui beni ereditari, suscitando interrogativi sulla natura giuridica di tale disposizione e sulla sua compatibilità con la quota di riserva del coniuge superstite.

Il Tribunale di Roma, accogliendo la domanda attrice e richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 13310/2002), ha affermato che l'attribuzione dell'usufrutto generale non costituisce assegnazione di legato ma istituzione di erede, anche ai sensi dell'art. 588 c.c., in ragione del quale sono attributive della qualità di erede le disposizioni testamentaria, a prescindere dalle espressioni o denominazioni utilizzate dal testatore, che comprendono l'universalità di beni o una parte di essi considerati come quota dell'asse ereditario, mentre ogni altra disposizione a titolo particolare attribuisce la qualità di legatario.

A sua volta la Corte di Appello ha rigettato il gravame confermando la tesi sostenuta nella sentenza di primo grado siccome supportata dal contenuto dell'art. 1010 c.c., che prevede l'onere per l'usufruttuario pure del pagamento del capitale; disciplina del tutto diversa da quella del legatario, di norma non tenuto a rispondere dei debiti.

Il Collegio romano ha altresì affermato che nella fattispecie non si configura un legato in sostituzione di legittima, considerato che dal tenore del testamento non si ravvisa la volontà né di istituire un legato né di escludere il coniuge dalla vocazione ereditaria.

L'evoluzione giurisprudenziale in materia di usufruttuario generale e quota di riserva testimonia la complessità di un sistema successorio che deve bilanciare esigenze spesso contrapposte: la libertà testamentaria, la tutela dei legittimari e la certezza dei rapporti giuridici. Le sentenze esaminate dimostrano come sia necessario un approccio casistico, attento alle specificità di ogni fattispecie concreta, che sappia coniugare il rigore tecnico-giuridico con la comprensione delle dinamiche familiari e patrimoniali sottostanti.

Tribunale Roma sentenza n. 23461 2012

Corte di Appello Roma sentenza n. 3906 2019 


martedì 2 settembre 2025

La Responsabilità dei Soci e del Liquidatore nelle Società Cancellate dal Registro delle Imprese

L'ordinanza del Tribunale di Tivoli del 18 aprile 2016 offre un interessante spaccato delle problematiche giuridiche che emergono quando i creditori di una società cancellata dal registro delle imprese tentano di recuperare i propri crediti agendo nei confronti dei soci e del liquidatore. La vicenda si inquadra nel contesto della riforma del diritto societario attuata dal decreto legislativo n. 6 del 2003, che ha profondamente modificato gli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese. 

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione con le sentenze nn. 6070, 6071 e 6072 del 12 marzo 2013, la cancellazione dal registro delle imprese determina l'estinzione definitiva della società, ma non comporta la scomparsa dei rapporti giuridici non definiti, che si trasferiscono ai soci attraverso un peculiare fenomeno successorio. L'articolo 2495 del codice civile, nella sua formulazione attuale, stabilisce che "ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi".

Il Tribunale di Tivoli ha correttamente applicato le norme sulla prescrizione, rilevando che il credito risarcitorio era prescritto sia secondo l'articolo 2947 del codice civile (prescrizione quinquennale per il risarcimento del danno da fatto illecito) sia secondo l'articolo 2949 del codice civile (prescrizione quinquennale per l'azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori). La decisione evidenzia un aspetto procedurale importante: la notifica del precetto alla società nel 2012, ricevuta dal liquidatore, non era idonea a interrompere la prescrizione dell'azione di responsabilità nei confronti dei soci e del liquidatore, trattandosi di titoli di responsabilità diversi e di soggetti diversi rispetto al debitore originario.

L'ordinanza tocca uno dei punti più delicati della materia: la natura e i limiti della responsabilità dei soci per i debiti della società estinta. Come chiarito dalle Sezioni Unite, si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione. Il Tribunale di Tivoli ha correttamente osservato che i ricorrenti non avevano provato che i soci avessero riscosso un attivo nella liquidazione. Anzi, il bilancio di liquidazione prodotto portava ad escludere tale circostanza. Questo aspetto è cruciale perché, come confermato dalla giurisprudenza più recente, il creditore deve provare l'avvenuta distribuzione dell'attivo e la conseguente riscossione di una quota di esso da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione. Tuttavia, l'evoluzione giurisprudenziale successiva ha chiarito che la mancata percezione di somme non esclude automaticamente la legittimazione passiva dei soci, come evidenziato dalla Cassazione civile con ordinanza n. 1249 del 2025, che ha precisato come i creditori possano avere comunque interesse all'accertamento del proprio diritto in relazione a possibili sopravvenienze attive o beni non contemplati nel bilancio.

Particolarmente interessante è l'analisi che il Tribunale dedica alla responsabilità del liquidatore ex articoli 2043 e 2491 del codice civile. Il giudice ha rilevato l'assenza di allegazioni specifiche circa le violazioni eventualmente poste in essere nella liquidazione, sottolineando che i ricorrenti si erano limitati a richiamare genericamente la responsabilità del liquidatore senza provare l'esistenza di utili distribuiti senza accantonare le somme necessarie per i creditori. La la responsabilità del liquidatore ha natura aquiliana e richiede pertanto la prova di specifiche condotte illecite. 

L'ordinanza del Tribunale di Tivoli, pur risalente al 2016, anticipa molte delle questioni che la giurisprudenza di legittimità ha successivamente affrontato e risolto. In particolare, la distinzione tra legittimazione processuale e responsabilità sostanziale dei soci è stata chiarita dalla Cassazione civile con ordinanza n. 6662 del 2025, che ha precisato come la legittimazione processuale degli ex soci non sia condizionata dall'effettiva percezione di somme in sede di riparto dell'attivo sociale. Analogamente, la questione dell'interesse ad agire è stata approfondita dalla Cassazione civile con ordinanza n. 17734 del 2025, che ha chiarito come tale interesse sussista indipendentemente dalla prova della percezione di somme da parte degli ex soci, avendo natura dinamica e potendo sussistere anche in assenza di utilità immediatamente conseguibili.

L'ordinanza del Tribunale di Tivoli rappresenta un esempio paradigmatico delle difficoltà che i creditori incontrano nel tentativo di recuperare i propri crediti verso società estinte. La decisione evidenzia l'importanza di una corretta impostazione dell'azione, sia sotto il profilo sostanziale che processuale, con particolare attenzione ad una corretta allegazione e prova dei presupposti dell'azione, sia nei confronti dei soci che del liquidatore.

Ordinanza Tribunale di Tivoli 18/04/2016