giovedì 5 novembre 2015

Il professionista può legittimamente erogare prestazioni a parenti ed amici a titolo gratuito.

La Cassazione, con la sentenza n. 21972 depositata il 28 ottobre 2015, ha stabilito che il contribuente è legittimato a prestare servizi professionali a titolo gratuito ad amici e parenti, senza che il fisco possa inventare compensi e redditi mai percepiti.
Gli ermellini hanno rigettato il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, la quale aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva ritenuto illegittimo l'accertamento nei confronti di un consulente fiscale che non aveva emesso fatture a 72 clienti, a favore dei quali aveva reso prestazioni a titolo gratuito stante i rapporti di parentela od amicizia tra loro. 
L'Agenzia delle Entrate, sul presupposto che fosse impossibile effettuare prestazioni senza ricevere compenso alcuno, aveva vinto in primo grado, per poi veder la decisione ribaltata dalla CTR, sul presupposto che, a fronte della corretta contabilità tenuta dal contribuente, lo stesso, limitatosi unicamente all'invio telematico di persone fisiche socie di società sue clienti, ben poteva svolgere simile attività ai fini dell'incremento della clientela.
La Cassazione ha confermato la pronuncia di secondo grado, ritenendo possibile "in considerazione dei rapporti di parentela e di amicizia con gli stessi clienti, nonché del fatto che il 70% di tali soggetti risultano soci di società di persone, la cui contabilità è affidata alle cure del contribuente, per cui ogni eventuale compenso rientra in quello già corrisposto dalla società di appartenenza (e non è contestato che dette società fossero clienti del professionista e che le stesse non rientrassero nell'elenco, individuato dai verificatori, dei soggetti "non paganti") e della circostanza, accertata oltre che pacifica, che l'attività svolta in loro favore riguardava soltanto l'invio telematico delle dichiarazioni dei redditi ed era finalizzata  all'incremento della clientela, cosicché la semplicità della prestazione in sé rende verosimile l'assunto del contribuente circa la sua gratuità.
Corte di Cassazione sentenza 28/10/2015 n. 21972

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