La recente sentenza del Tribunale di Roma n. 17291/2025 offre un interessante spunto di riflessione sui profili processuali e sostanziali della responsabilità da cose in custodia, con particolare riferimento alla delicata questione della legittimazione passiva del custode. Il caso, che ha visto protagonista la caduta di un albero su un'autovettura parcheggiata, si è concluso con il rigetto della domanda per mancata prova della legittimazione passiva del convenuto, evidenziando l'importanza cruciale dell'onere probatorio a carico dell'attore.
Il Giudice Unico ha Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda perché non sono emersi "elementi tali da far ritenere provato che l'albero che crollò sull'automobile in sosta insistesse nella proprietà gestita dal Consorzio convenuto". La decisione evidenzia un aspetto spesso sottovalutato nella prassi ovverosia la necessità di fornire prova documentale precisa della titolarità o custodia del bene fonte del danno; nel caso di specie, difatti, l'attrice si era limitata a invocare una nota di Roma Capitale che genericamente affermava che l'area dalla quale è caduto l'albero fosse di proprietà di un consorzio, senza però produrre documentazione catastale, fotografica o planimetrica che consentisse di localizzare con precisione l'albero e di verificare l'effettiva appartenenza dell'area.
La giurisprudenza di legittimità ha definitivamente chiarito, con l'ordinanza delle Sezioni Unite n. 20943/2022, che la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, non presunto e che per la sua configurazione, è sufficiente che il danneggiato dia prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno dallo stesso patito, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del fortuito. La qualificazione del rapporto di custodia costituisce quindi il presupposto fondamentale per l'applicazione dell'art. 2051 c.c., tenuto conto che il custode è colui che ha l'effettivo potere di esercitare sulla cosa un controllo ed una vigilanza astrattamente idonei a consentirgli di prevedere, prevenire ed evitare il verificarsi di eventi lesivi. Cosicché quando il convenuto contesta espressamente la propria legittimazione passiva, come nel caso di specie, grava sull'attore l'onere di fornire prova positiva del rapporto di custodia poiché il soggetto privo della disponibilità giuridica del bene da cui deriva il danno è carente di legittimazione passiva nell'azione risarcitoria fondata sulla responsabilità da cose in custodia.
Vi è dunque la necessità di una accurata fase istruttoria preliminare volta ad accertare con precisione la titolarità o custodia del bene fonte del danno; non è infatti sufficiente fare affidamento su generiche comunicazioni di uffici pubblici o su rapporti di intervento delle forze dell'ordine. È invece indispensabile acquisire documentazione catastale, planimetrica e fotografica che consenta di localizzare con precisione il bene e di identificare il soggetto effettivamente responsabile della sua custodia.
La giurisprudenza più recente dimostra come i tribunali di merito stiano applicando con crescente rigore gli anzidetti principi stabiliti dalle Sezioni Unite, richiedendo una prova puntuale e circostanziata del rapporto di custodia. Questo orientamento, lungi dal rappresentare un irrigidimento formalistico, risponde all'esigenza di garantire certezza nei rapporti giuridici e di evitare che la responsabilità oggettiva del custode si trasformi in una forma di responsabilità assoluta svincolata da ogni collegamento sostanziale tra il soggetto e la cosa fonte del danno.